Io c'ero, incuriosito da questa riunione autoconvocata, per niente faziosa, assolutamente aperta e piena di spunti interessanti. Cercherò di esprimere i diversi concetti venuti fuori da quell'incontro, a cui hanno partecipato quasi sessanta iscritti.
1 - La riunione era autoconvocata. Significa che non c'erano inviti, ma c'è stato un passaparola interno al partito che, senza alcun proclama ufficiale, voleva radunare semplicemente chi avesse voluto esprimere il suo punto di vista, il suo disagio, la sua proposta per un rinnovamento (non solo anagrafico) del nostro partito.
Non a caso c'erano molti ventenni, trentenni ed anche cinquantenni, membri noti e meno noti della segreteria e dell'amministrazione (i mea culpa ci sono stati eccome), per non parlare di alcuni non iscritti al partito ma simpatizzanti.
2 - Chiunque aveva la possibilità di prendere parola e la discussione è andata avanti in maniera pacata, senza battibecchi, senza insulti, senza quel clima da tipica tribuna politica che, in questi ultimi anni, ha visto le televisioni inondate di urla e povere di contenuti. Molte le voci e le provenienze.
Piazza del Carmine |
4 - Nessuno ha parlato di cacciare via il "vecchio" relegandolo in uno scantinato, ma semplicemente si è chiesto un rinnovamento nei modi, non solo nell'età anagrafica. Non si tratta di una questione generazionale. Come per molte altre parti della nostra società, manca la figura del magister (classicamente inteso) che insegna ai più giovani e li porta ad un grado di competenza e maturità tali che poi il magister stesso lo considera pronto per intraprendere la strada della politica amministrativa, lasciando la cattedra consapevole del buon lavoro svolto e dell'apporto che il suo "studente" potrà offrire. Faccio volutamente questo parallelo, ricollegandomi all'Università, in cui dovrebbe accadere lo stesso; ma in Italia anche le carriere sono lineari, non solo i tagli. La questione è che i maestri continuano ad essere gli stessi, alcuni da numerose legislature, e nessuno ha intenzione di fare un passo indietro per dare la possibilità ai più giovani di fare esperienza, di sbagliare, di fare bene. Sembra che, come nei concorsi psichedelici odierni, si chiedano i famosi "apprendisti con esperienza". Una contraddizione in termini.
5 - Si è parlato del rispetto dello statuto in ogni singola parte. Il rispetto di quella democraticità congressuale che ci distingue e che pone le primarie come uno strumento imprescindibile di vera e propria democrazia partecipata.
6 - Si è parlato di linguaggi. Non di appeal; non siamo una ditta che guarda al marketing. Si è parlato, ribadisco, di linguaggi. Oggi troppo vaghi, troppo incerti. Una modalità che presuppone un elettorato che attenda all'infinito. Ci sono cose su cui la gente ci fa domande (lavoro, istruzione, crisi) su cui fatichiamo ad avere una linea.
7 - Non c'è un Manifesto ma l'inizio di un percorso che porterà probabilmente ad un documento. Questo per evitare di scadere in facili populismi e proclami.
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Trovo, tra i dirigenti del Partito Democratico, troppi radical chic (questa è un'opinione del tutto personale) nella ricerca di citazioni, terminologie buone per indorarci e per far sentire chi parla un colto e raffinato. Terminologie che non sono nelle corde dell'italiano che pretende risposte chiare e concrete.Non le chiedono i circoli, attenti non certo alle beghe del partito, quanto alla risoluzione di problemi afferenti al loro territorio.
Non farò i nomi di chi c'era. Non abbiamo bisogno di personalismi ma di progetti concreti e condivisi. Abbiamo bisogno di una squadra che sappia lavorare e che sia competente nell'aiutare il prossimo Segretario Provinciale, di strutture che pongano al centro non il Segretario in sè, ma il partito intero con le sue (attualmente) inespresse potenzialità.
Gradirei che chi critica possa trovare la voglia di venire solo per ascoltare. La strada è ancora lunga e non pretendiamo di avere la soluzione ad ogni problema. Certo prima di parlare di un incontro in cui non si è stati, bisognerebbe quantomeno avere la creanza e l'onestà per intraprendere almeno una parte del cammino per poi, eventualmente e legittimamente, disconoscerlo.
Non c'è voglia di rottamare ma, per carità, che ci venga data la possibilità di discuterne e tirare fuori il problema.
A chi, tra i detrattori, parla di quarantenni scalpitanti, pensi solo che si tratta invece di tre generazioni che hanno solo voglia di fare del proprio meglio e di dimostrare alle persone che, nel Partito Democratico, la voglia di cambiare esiste non solo nei proclami, ma nei fatti, a cominciare dai Congressi.
Termino con un ringraziamento a Giovanni Lunardon, alla sua capacità, in un momento di crisi, di essere stato presente nei diversi circoli per affrontare tematiche e problemi del partito accanto a quelle della società genovese. Da questo esempio bisogna partire per recuperare la centralità dei circoli e del territorio nell'azione politica.
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